È quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 25502, depositata il 30 novembre 2011, con la quale, accogliendo i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha cassato la sentenza del giudice d’appello.
Nello specifico, la Cassazione ha censurato la sentenza della Commissione tributaria regionale in quanto la stessa avrebbe omesso di considerare che:
- l’art. 32 del DPR 600/73 prevede una presunzione legale relativa in ordine ai dati emergenti dai conti correnti bancari, per cui l’onere probatorio dell’Amministrazione finanziaria è soddisfatto attraverso tali dati;
- la prova liberatoria a carico del contribuente deve essere specifica in relazione ad ogni singola operazione, in modo da dimostrare che ciascuna movimentazione è estranea a fatti imponibili, non meramente generica e consistente esclusivamente nel riferimento alle caratteristiche del tipo di attività esercitata o alle abitudini contabili del contribuente.
La prova contraria rispetto alla presunzione legale relativa stabilita dall’art. 32 del DPR 600/73, secondo cui i versamenti e i prelevamenti dai conti correnti possono essere posti a base di rettifiche ed accertamenti come maggiori ricavi o compensi se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine, può essere rappresentata da una presunzione semplice.
A quest’ultimo riguardo, i giudici affermano che la C.T. Reg. ha errato nel ritenere soddisfatto l’onere di prova contraria nel caso specifico, non avendo nei fatti valutato se i documenti prodotti dalla società accertata fossero idonei a giustificare in modo preciso ed analitico le movimentazioni bancarie effettuate (la società affermava che il mancato riscontro delle movimentazioni bancarie derivava dal fatto che in alcuni casi la medesima saldava allo stesso fornitore le fatture di tutte le conduzioni alberghiere che ad essa facevano capo).
Ed è a questo punto che vengono delineati i tratti della prova contraria.
La Cassazione si discosta dal precedente orientamento, secondo cui, alla presunzione legale ex art. 32 del DPR 600, va contrapposta una prova e non un’altra presunzione semplice (Cass. 5 dicembre 2007 n. 25365), in quanto:
- la prova per presunzioni è ad ogni effetto una prova;
- nell’ordinamento vige il principio di libertà dei mezzi di prova, mentre non è ricavabile il principio secondo cui la prova contraria ad una presunzione legale non può essere fornita, a sua volta, per presunzioni.
Pertanto, a parere della Corte, la prova contraria alla presunzione legale relativa in questione può anche essere costituita da presunzioni semplici.
Quindi ampliati gli spazi di prova, ma il giudice deve valutarne l’idoneità
Tale circostanza, tuttavia, non esonera il giudice del caso specifico “dalla precisa individuazione dei dati noti dai quali dedurre quelli ignoti, da una verifica precisa e analitica degli indizi offerti dal contribuente in relazione ad ogni movimento bancario contestato e dalla valutazione espressa della gravità, precisione e concordanza dei suddetti elementi in relazione a ciascun movimento, valutato nei suoi tempi, nel suo ammontare e nel suo contesto”, non essendo sufficienti mere affermazioni apodittiche, generiche e sommarie.
In conclusione, con la sentenza in commento vengono ampliati gli spazi di prova contraria del contribuente, ma rimesso all’organo giudicante il dovere di valutare l’idoneità dell’elemento prodotto a giustificare nel senso prescritto dalla norma il movimento bancario.