È stata pubblicata sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate la circ. 24 ottobre 2011 n. 48 sulla definizione delle liti pendenti, introdotta dall’art. 39 comma 12 del DL 98/2011, articolo che richiama, per quanto da esso non disposto, il “vecchio” art. 16 della L. 289/2002.
Si rammenta che sono definibili le liti pendenti allo scorso 1° maggio 2011 sugli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000 euro.
Nella circolare vengono affrontate punto per punto le problematiche nonché gli aspetti applicativi del nuovo condono dei processi, confermando varie volte le prese di posizione assunte con le precedenti circolari del 2003, con particolare riferimento alla n. 12 e alla n. 17 di detto anno.
Innanzitutto, si rammenta che il momento iniziale di pendenza della causa coincide con la notifica del ricorso, e non con la costituzione in giudizio, per cui è sufficiente che al 1° maggio il contribuente abbia notificato il ricorso: per contro, non sono definibili le liti ove, in detta data, fossero solo pendenti i termini per l’impugnazione, senza che questa sia stata proposta.
Poi, viene affermato che non possono ritenersi condonabili i processi ove il giudicato si sia formato nel periodo intercorrente tra il 1° maggio 2011 e il 5 luglio 2011 (data di entrata in vigore del DL 98/2011), in quanto sostenere la possibilità di sanatoria striderebbe con l’intangibilità del giudicato.
Confermate le principali questioni relative alla determinazione del valore della lite, utile, per il 2011, sia per vagliare l’accesso alla sanatoria (non si dimentichi la soglia dei 20.000 euro) sia per quantificare le somme da versare, sintetizzabili come segue:
- si deve sempre considerare la parte di atto ancora sub judice, quindi non concorrono a formare il valore della lite le parti di atto annullate d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate, così come i giudicati interni (in questo senso, “Chiusura delle liti: attenzione al valore della causa” del 3 ottobre 2011);
- se nell’atto sono contestati più tributi, il valore è dato dalla somma di questi, quindi il contribuente non può decidere, ad esempio, di chiudere il processo solo con riferimento all’IRAP o all’IVA proseguendo per il resto, sempre che, come detto, le diverse imposte siano state contestate con un unico atto;
- se il contribuente propone un ricorso contro più provvedimenti impositivi, oppure propone più ricorsi contro diversi atti che vengono successivamente riuniti dal giudice, le liti non perdono autonomia, e occorre sempre fare riferimento alle imposte contestate nel singolo atto.
Nel calcolo del valore della lite si computano le sanzioni non collegate al tributo, mentre non rilevano quelle collegate (nessun riferimento viene fatto al problema del cumulo giuridico e della continuazione, si veda “Valore della lite complicato dal cumulo giuridico delle sanzioni” del 3 ottobre 2011).
Per gli accertamenti sulle perdite d’impresa, rimane ferma la possibilità di affrancare le perdite stesse, in modo da “tenerle buone” per i successivi periodi d’imposta.
In merito alle liti condonabili, si conferma che occorre prescindere dal nomen iuris e dare rilievo al contenuto del provvedimento: così, rientrano nella definizione le cause scaturenti da cartelle di pagamento diverse da omessi versamenti (si veda “Chiusura liti pendenti aperta anche alle cartelle” del 7 ottobre 2011), e lo stesso vale per gli avvisi di liquidazione.
Niente condono per le cartelle da 36-bis ove i contribuenti, ai fini IRAP, abbiano dichiarato l’imposta ma omesso i versamenti: evidentemente, l’Agenzia delle Entrate si è “dimenticata” del fatto che tale condotta è stata imposta dal sistema telematico che, magari a causa di un errore di programmazione del software, obbligava i contribuenti a dichiarare anche se non fosse sussistente l’autonoma organizzazione, ma sul punto ritorneremo.
Ferma restando l’impossibilità di definizione per gli atti di semplice liquidazione dell’imposta, sono definibili anche i processi sul canone RAI, mentre non lo sono (né concorrono a formare il valore della causa) le liti su contributi previdenziali, di competenza di altri enti e rientranti nella giurisdizione ordinaria.
Per le società di persone, come evidenziato, pur non condividendo l’assunto, in un recente intervento (“La definizione delle liti «travolge» il litisconsorzio per le società di persone” del 24 ottobre 2011), si accoglie l’orientamento della Cassazione, per cui la definizione non deve coinvolgere tutti i soci, né sarà possibile la definizione ad opera della sola società, trattandosi di avviso “senza imposta”.