L’art. 23, co. 1, lett. a), D.P.R. 917/1986, infatti, annovera tra i redditi che i non residenti producono in Italia anche i redditi fondiari, ossia i redditi da terreni e fabbricati situati in Italia.
Più in generale, la successiva lett. f) considera prodotti in Italia anche i redditi diversi derivanti da beni che si trovano nel nostro Stato.
I redditi prodotti in Italia da persone fisiche e da società non residenti sono tassati secondo le disposizioni previste per le diverse categorie di reddito (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi diversi, ecc.).
Ciò significa che i canoni di locazione sono tassati, in linea generale, limitatamente all’85% del loro ammontare.
Come già segnalato, nel caso inverso degli immobili detenuti all’estero, le disposizioni convenzionali non prevedono una disciplina di maggior favore in quanto non escludono la tassazione in Italia.
L’art. 6 del Modello Ocse, infatti, prevede che i redditi che un non residente ritrae da beni immobili situati in Italia siano comunque imponibili nel nostro Paese.
Le Istruzione (fascicolo 1) del Mod. Unico 2010 PF chiariscono che, per una delle unità immobiliari tenute a disposizione in Italia da contribuenti residenti all’estero si utilizza il codice 12 (in passato si usava il codice 9 – altre unità immobiliari) in luogo del codice 2 (unità immobiliare a disposizione) senza quindi operare l’aumento di un terzo della rendita catastale.
Di per sé, il possesso di immobili in Italia da parte di un soggetto non residente (e, specularmente, il possesso di immobili esteri da parte di imprese italiane) non configura una stabile organizzazione.
La stessa Amministrazione Finanziaria italiana con la R.M. 13 dicembre 1989, prot. n. 460196 ha espressamente confermato tale assunto.
La stessa Amministrazione Finanziaria italiana con la R.M. 13 dicembre 1989, prot. n. 460196 ha espressamente confermato tale assunto.
Naturalmente, il discorso è diverso quando l’immobile non sia detenuto staticamente o meramente concesso in godimento a terzi (configurando in tal caso un investimento di capitale), ma diventi un elemento dell’attività svolta nel territorio dello Stato estero, come nel caso in cui l’immobile sia strumentale all’esercizio di una attività di impresa (si pensi alla gestione di un villaggio turistico) oppure costituisca esso stesso l’oggetto dell’attività di impresa, come nell’ipotesi del terreno acquistato, lottizzato e rivenduto per lucrare un plusvalore (sentenza della Cassazione n. 8820/1997).
Ancora, quando l’impresa estera controlla una società residente nell’altro Stato si produce un fenomeno del tutto diverso da quello della stabile organizzazione, con la creazione di una persona giuridica distinta, ma controllata dall’impresa estera. Questo non costituisce di per sé motivo sufficiente per il configurarsi della stabile organizzazione, secondo quanto confermato dall’articolo 5 del Modello OCSE e dalla norma interna.
L’articolo 152 comma 2 del Dpr n. 917/86 prevede che i redditi prodotti in Italia da soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel nostro Paese siano tassati secondo le disposizioni previste per le diverse categorie di reddito (redditi fondiari, di capitale, diversi) come se si trattasse di una persona fisica. In base al successivo articolo 153 comma 2 del Tuir la società estera dovrà tassare il canone di locazione secondo i criteri previsti per le persone fisiche e, quindi, limitatamente all’85 per cento del suo ammontare.
L’art. 162, comma 4 del Dpr n. 917/86 ha per la prima volta introdotto nel nostro ordinamento una definizione normativa di stabile organizzazione. In particolare lo stesso dispone espressamente che «Una sede fissa di affari non è comunque, considerata stabile organizzazione se: a) viene utilizzata una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa; b) i beni o le merci appartenenti all'impresa sono immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna; c) i beni o le merci appartenenti all'impresa sono immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un'altra impresa; d) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l'impresa».
Il contenuto della norma
La norma non menziona espressamente il caso in cui l’immobile sia affittato, tuttavia la risoluzione ministeriale del 13 dicembre 1989 (prot. n. 460196) ha precisato che in una simile fattispecie
«La struttura immobiliare non sembra … concretizzare una stabile organizzazione, trattandosi di un bene patrimoniale non avente distinzione organizzativa e contabile dalla casa madre. Non sembra pertanto possibile individuare una precipua funzione attiva svolta dalla struttura in Italia per la produzione di reddito, essendo questo di fatto prodotto da un complesso organizzativo che opera al di fuori dello Stato».
Il ministero, infatti, precisa ulteriormente che «Per l'esistenza di una stabile organizzazione occorre la effettiva istituzione di una autonoma e funzionale struttura nazionale rispetto alla società estera. L'autonomia deve manifestarsi sia sul piano gestionale che sul piano contabile e deve costituire sul piano imprenditoriale una entità economica operativa dotata di autonomia di gestione, non essendo sufficiente che la installazione produca comunque una qualche attività per l'impresa».
Il regime di tassazione
Il fatto che l’immobile locato non configuri un’ipotesi di stabile organizzazione determina un regime di tassazione del tutto singolare.
Infatti l’articolo 152 comma 2 del Dpr n. 917/86 prevede che i redditi prodotti in Italia da soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel nostro Paese siano tassati secondo le disposizioni previste per le diverse categorie di reddito (redditi fondiari, di capitale, diversi, eccetera) come se si trattasse di una persona fisica. In base al successivo articolo 153 comma 2 del Tuir, i redditi prodotti nel territorio dello Stato sono i redditi indicati nell’articolo 23, tra i quali figurano i redditi fondiari.
La società estera, pertanto, dovrà compilare il Modello Unico Enti non commerciali e tassare il canone di locazione secondo i criteri previsti per le persone fisiche e quindi, di norma, limitatamente all’85 per cento del suo ammontare.
Le istruzioni nel Modello Unico
Le stesse istruzioni al Quadro RB del modello Unico Enti non commerciali ed equiparati prevedono a pagina 25 che "Questo quadro deve essere compilato … dalle società non residenti di ogni tipo senza stabile organizzazione in Italia che possiedono a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto edilizio urbano".Analogamente a quanto avviene per le persone fisiche, inoltre, le istruzioni prevedono che "In caso di usufrutto o altro diritto reale il titolare della sola "nuda proprietà" non deve dichiarare il fabbricato".
Le Convenzioni contro le doppie imposizioni
La disciplina contenuta nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni non prevede in linea di massima un sistema di tassazione diverso rispetto a quello risultante in base alla normativa interna. L’articolo 6 del Modello di Convenzione elaborato dall’Ocse, infatti, prevede l’assoggettamento a tassazione degli immobili sia nello Stato in cui gli stessi sono ubicati, sia nello Stato di residenza del proprietario.
AI fini IVA
Identificazione diretta e rappresentante fiscale
In base all’art. 17, co. 2, DPR 633/72 gli adempimenti IVA (fatturazione, registrazione fatture, liquidazioni periodiche, versamenti, dichiarazioni, ecc.) relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti (Comunitari e non), privi di stabile organizzazione, nei confronti di soggetti passivi stabiliti in Italia sono adempiuti da questi ultimi (committenti o cessionari).
Qualora il committente sia un privato o soggetto non passivo i soggetti non residenti possono, in alternativa:
- procedere all’identificazione diretta;
- nominare un soggetto residente (persona fisica o giuridica).
L’identificazione diretta è possibile solo per:
- gli operatori intracomunitari;
- gli operatori di Paese extra-Ue con i quali vigono accordi di assistenza reciproca in materia di imposte indirette.
Come ribadito dall'Agenzia delle Entrate con risoluzione del 5 dicembre 2003 n. 220/E non risultano ancora conclusi i suddetti accordi tra l'Italia ed i Paesi terzi con la conseguenza che, al momento, nessun contribuente di un Paese extra UE può utilizzare il sistema di identificazione diretta. Per identificarsi il contribuente non residente deve compilare l'apposito modello anagrafico (modello ANR-3) disponibile gratuitamente sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate
Tra le forme di assistenza previste dalla convenzione, applicabile anche in materia di Iva, figurano lo scambio di informazioni (su richiesta, spontaneo o automatico), il recupero di crediti fiscali, la notifica di documenti; sono inoltre possibili controlli fiscali all'estero e controlli fiscali contemporanei
in più stati. La sostanza di queste misure di collaborazione ricalca quindi, nelle linee fondamentali, il regolamento n. 1798/2003, sostitutivo del precedente regolamento n. 218/1992, che in ambito comunitario disciplina la materia della cooperazione amministrativa in materia di Iva, completando
le disposizioni della direttiva n. 77/799/Cee.
La ratifica della convenzione di Strasburgo, pertanto, dovrebbe avere realizzato, nei confronti dei paesi Ocse non aderenti all'Ue (Australia, Canada, Corea, Giappone, Islanda, Messico, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Svizzera e Turchia), il presupposto per l'accesso all'identificazione diretta per l'adempimento degli obblighi e l'esercizio dei diritti in materia di Iva.
Sul punto, tuttavia, a oggi non risultano pronunce dell'amministrazione finanziaria.
L’identificazione diretta permette di adempiere direttamente gli obblighi ed esercitare i diritti derivanti dalla normativa Iva italiana connessi ad operazioni effettuate nel territorio dello Stato da o nei confronti di soggetti non residenti.
Dal 2006, l’Ufficio competente a ricevere la domanda di identificazione diretta (mod. ANR/1 unitamente agli allegati) è il Centro Operativo di Pescara - Area Controlli - Servizio identificazione non residenti.
L’identificazione diretta deve essere effettuata prima di porre in essere operazioni rilevanti ai fini Iva e, qualora precedentemente nominato, dopo aver cancellato la posizione del rappresentante fiscale.
Anche la nomina del rappresentante fiscale deve avvenire in data anteriore all’effettuazione della prima operazione e deve essere comunicata all’Ufficio IVA competente nel rispetto delle formalità previste dalla legge. In particolare, la nomina deve avvenire per atto pubblico o scrittura privata registrata oppure lettera annotata in apposito registro presso l’Ufficio IVA competente in base al domicilio fiscale del rappresentante; è da ritenersi invalida la nomina effettuata senza il rispetto di dette formalità.
Appare evidente che le fatture emesse e ricevute dal rappresentante fiscale devono essere cointestate e devono contenere, oltre ai dati del rappresentante stesso, anche quelli del rappresentato.
La normativa UE ha previsto anche l’istituzione della figura di un rappresentante fiscale a carico del quale gli adempimenti sono limitati alla fatturazione e alla compilazione degli elenchi Intra-UE, se vengono effettuate solo operazioni attive e passive che non comportino versamento di IVA (si parla del cosiddetto “rappresentante fiscale leggero”). In questo caso può assumere la funzione di rappresentante fiscale anche il gestore dei depositi IVA.
In materia di operazioni intracomunitarie, l’art. 44, DL 331/93 prevede che se le dette operazioni sono effettuate da un soggetto passivo d’imposta non residente e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i relativi obblighi e diritti possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, anche da un rappresentante residente nel territorio dello Stato.
La nomina del rappresentante (in assenza di identificazione diretta) si appalesa quindi obbligatoria non solo per le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, effettuate da operatore economico comunitario nei confronti di privati consumatori e di soggetti nazionali non tenuti al pagamento dell’imposta sugli acquisti intracomunitari, ma anche in tutti i casi in cui l’operazione è territorialmente rilevante in Italia e l’obbligo del pagamento dell’imposta non può essere assolto dal cessionario o committente perché privato consumatore.
Secondo i chiarimenti forniti dal Ministero delle Finanze necessitano, quindi, di un rappresentante fiscale (o dell’identificazione diretta) in Italia i soggetti che, in mancanza di una stabile organizzazione:
- introducono nel territorio dello stato beni per esigenze della propria impresa;
- cedono a privati consumatori beni precedentemente introdotti in Italia ed ivi installati, montati o assiemati;
- effettuano nei confronti di privati consumatori prestazioni di servizi
Come riportato qualora il cessionario o committente sia soggetto passivo IVA italiano, dovrà procedere all’autofatturazione con il sistema del “reverse charge”, cioè dovrà emettere fattura in un unico esemplare, annotandola sia nel registro degli acquisti sia nel registro delle vendite.
La nomina del rappresentante fiscale (in mancanza di identificazione diretta) in Italia è obbligatoria quando l’operazione è effettuata nei confronti di soggetti “non IVA” come ad Internazionalizzazione on-line esempio i privati consumatori.
In tal caso, infatti, poiché il soggetto nazionale non potrebbe adempiere agli obblighi di documentazione e registrazione imposti dalla legge, vi è l’obbligo per il cedente o prestatore non residente di provvedere alla nomina del rappresentante fiscale.